Intrigante, audace e provocatorio, LA PIEDAD di Eduardo Casanova è una potentissima opera visiva e concettuale sulle intricate dinamiche dell'oppressione, audace parallelo tra la vessazione familiare e la dittatura politica. Una riflessione dolorosa e profonda sulla libertà che va al di là dei confini cinematografici convenzionali.
Trama: Libertad e suo figlio Mateo vivono da soli in un appartamento dai marmorei toni rosa e neri, dove si intrecciano legami simbiotici malsani. La loro è una "perfetta solitudine": la madre è una figura dominante, protettrice e manipolatrice, il figlio un succube incapace di reagire. Impossibile dividerli. La narrazione si intreccia con notizie dalla Corea del Nord (che oscillano tra unicorni e oppressione sanguinosa) che forniscono un sorprendente sfondo politico alla vicenda: ne riflettono e amplificano il clima di oppressione. Quando Mateo viene colpito da una terribile malattia, Libertad è divisa tra la voglia di curarlo e il desiderio di indebolirlo: farà la scelta peggiore, conducendo il loro rapporto su un piano doppiamente malato, fisicamente e psicologicamente. In un finale mortifero, Mateo si scoprirà incapace di affrontare il peso della vera libertà senza la sua Libertad.
LA PIEDAD è una portentosa metafora dell'oppressione: quella familiare di Libertad verso suo figlio Mateo, quella politica del dittatore nordcoreano verso il suo popolo. L'appartamento rosa e nero diventa dunque un simbolo tangibile di una simbiosi distorta, dove la protezione materna si trasforma in un controllo totalitario. Il concetto si amplifica attraverso le notizie che giungono dalla Corea del Nord (vera ossessione di Mateo), creando un parallelo metaforico tra il microcosmo familiare e il macrocosmo politico. Casanova, con maestria, ne evidenzia i simbolismi, sottolineando la pervasiva natura della sopraffazione che si insinua in ogni aspetto della vita. Un viaggio attraverso le molteplici sfaccettature della libertà e della privazione, che richiama il documentario di Zizek GUIDA PERVERSA ALLA IDEOLOGIA.
Estetica e stile visivo impeccabile: molte scene sono dei veri e propri quadri in movimento. L'appartamento totalmente rosa e marmo nero evoca un'atmosfera ambivalente, con il rosa tradizionalmente associato all'amore materno e il nero da sempre rappresentazione visiva della freddezza delle dittature. Questo luogo diventa l'arena dove si svolge una drammatica danza di potere. Al di fuori non c'è nulla: Mateo percepisce solo buio, solitudine e paura.
Casanova fonde abilmente la bellezza visiva e l'estremo cinematografico, trasformando il dolore e la sofferenza in vibrante "poesia carnosa": momenti che, anziché sconvolgere gratuitamente, diventano di palpitanti, onirici e dal significato profondo:
Casanova fonde abilmente la bellezza visiva e l'estremo cinematografico, trasformando il dolore e la sofferenza in vibrante "poesia carnosa": momenti che, anziché sconvolgere gratuitamente, diventano di palpitanti, onirici e dal significato profondo:
- Libertad che ferisce deliberatamente il figlio durante la pedicure: un atto simbolico di manipolazione materna.
- L'incubo di Mateo in cui la madre lo partorisce adulto (solo per vederlo cadere a terra bisognoso di aiuto): momento di crudo surrealismo che sottolinea i tormenti interiori di ambedue.
Queste scene dunque, sebbene a tratti insostenibili, aggiungono strati di significato intensi e viscerali che vanno nel profondo simbolico della narrazione. In questo senso l'opera può addirittura richiamare la poetica di Cronenberg, in particolare il suo M. BUTTERFLY: altro film di amore folle e dittatura.
La Libertad di Angela Molina incarna la complessità della figura materna: protettrice amorevole e dittatrice dispotica, emerge con forza nei momenti in cui alterna gesti di cura a ferite deliberate. La scelta terribile e definitiva di somministrare segretamente al figlio farmaci col solo intento di indebolirlo, rivela infine una madre che esprime nel controllo totale il suo estremo atto d'amore. La domanda di Mateo se quelle cure lo faranno stare bene, trova dunque una risposta sincera e sconcertante: "No" afferma la sorridente Libertad. Ma è nel confronto col suo ex marito che risiede forse la chiave di tutto:
Lui: "Sei sempre stata una dittatrice. Hai fatto in modo che la libertà ci impaurisse."
Lei: "Volevo solo che qualcuno avesse bisogno di me."
Casanova fa abilmente un passo in più: sfodera una magistrale capacità di intrecciare il tema privato della manipolazione familiare con la crudele realtà delle dittature. Nel contesto di un rapporto familiare agghiacciante e malsano, il film effettua un parallelo tra la tirannia materna e i regimi totalitari, lanciando uno sguardo sul passato politico di Spagna e Argentina (paesi di produzione del film), entrambi con terribili e sanguinosi trascorsi dittatoriali. Libertad, nel suo desiderio di dominio su Mateo, diviene un microcosmo di questi regimi assoluti: controllo totale, chiusura assoluta verso il resto del mondo. Una storia individuale di oppressione diviene un riflesso di una storia universale di afflizione. Il turbinio concettuale diventa vertiginoso. Applausi.
LA PIEDAD si erge ad opera cinematografica magistrale: un'ora e venti minuti di cinema praticamente perfetto. Non una scena superflua, una coerenza visiva, stilistica, concettuale, implacabile. Uno stile straordinario, condotto attraverso scene estreme e poetiche che svelano strati profondi di significati e di significanti. L'inconscio individuale si intreccia a quello collettivo: la storia intima di Libertad e Mateo con la sanguinosa repressione nordcoreana. Contemporaneamente il film apre squarci sullo stesso concetto di libertà, da sempre intriso da una dualità affascinante e spaventosa. L'idea di libertà permea la condizione umana. Desideriamo ardentemente esser liberi, allo stesso tempo la cosa ci suscita timori profondi. In tal senso è cruciale il personaggio della donna nordcoreana, prima esule in Corea del Sud, successivamente pentita: "troppa libertà, mi sento sola, e non mi sento amata!".
La libertà è una forza potente che attrae e respinge: "è come il sole, se ti avvicini troppo ti brucia, se ti allontani ti gela". Esattamente come l'amore di una madre.
PS
Il fenomeno dei nordcoreani fuggiaschi pentiti è tristemente vero. Qui un articolo che ne descrive le complesse motivazioni.
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